LIBRI E MANOSCRITTI
Sauro Sardi (Valentino)
Ha pubblicato per “Il Grandevetro – Jaca Book:
“Una borsetta di pitone Arancione” 2000
“La merenda cinese” 2001.
“Il giardino d’amianto” 2005
MANOSCRITTI INEDITI
PORTAMI DAVANTI AL MARE
Romanzo di Ferio
L’occasione
Il morso del lupo
Al tempo dei Tedeschi
Lo sbattere sui tasti dell’ormai estinta “Olivetti lettera 32” mi portava alla mente i passi dei Caminantes di Machado: “Caminante no hay camino” Pensavo che scrivere storie fosse più o meno come il camminare senza avere già in mente una direzione. “La strada si fa camminando” e allora poteva nascere colpo su colpo il paesaggio e tutto il resto. Dare la vita a figure e luoghi immaginari era come seguire quelle orme. E invece no, scrivere non è come camminare sulle onde del mare, no, quando crediamo di dare la vita a qualcosa che non esisteva fino a qualche istante prima, non facciamo altro che aggiornare gli appunti che avevamo già in mente. Una semplice operazione di archeologia, frughiamo tra le cose che avevamo messo da parte. “Todo pasa y todo queda”. Tutto passa e tutto rimane. Si nasce e si muore in quel viaggiare all’indietro, e via, via, sotto i temporali, o buttati fuori di casa dalla piena del torrente,fino a trovarsi davanti al mare, a respirare l’aria che porta via la tosse. Ero io quel bambino che tossiva accanto a una medusa morta da tre giorni.
Ero rimasto immobile nel punto dove le onde arrivano strisciando a malapena. Fermo, scarpe calzini ai piedi come se aspettassi il momento buono per attraversare il traffico di quelle bolle di schiuma che friggevano e penetravano la sabbia. Pensai alla strada che da Pistoia andava fino a Prato e mi salì al naso l’odore di quelle calde macchie di catrame dove i miei sandali erano rimasti appiccicati più di una volta. La Via Provinciale passava davanti alla porta di casa mia come se fosse il corridoio della stanza accanto.
Intanto mi chiedevo quanto fosse profonda e lontana la curva dove la nave spariva all’improvviso, mentre quella striscia d’acqua dal colore mosso come una spremuta di cozze mi stava camminando sotto i piedi facendoli affondare piano, piano fino agli stinchi. Quando cercai di liberarmi da quella morsa di sabbia collosa pensai che anche il mare aveva lo stesso vizio del catrame.
Negli anni a seguire ci si misero anche i temporali a raccontare storie di scarpe asciutte, puttane, e tartarughe marine. All’inizio ero già stanco, e mi fermai sulla mia solita panchina, dentro a quattro storie che avevano in comune il mare,i temporali, l’amore, la morte.
ROMANZO DI FERIO
Il torrente racconta la storia di un ragazzo dal buffo naso di gomma.
Ferio non riuscirà ad annegare e nemmeno a togliere quella mano dal viso quando parla. Lo salverà Apice, uno strano viaggiatore dalle scarpe asciutte. Insieme ritroveranno Emily, in quel segreto alla curva dell’Agnaccino.”
“LOCCASIONE”
…Non potevo immaginare che fin dal primo istante che mi aveva visto entrare, avesse pensato a me come all’occasione che stava cercando.
Il destino a volte ti si avvolge addosso come una sciarpa e non sai, non capisci se ti vuole scaldare o ti vuole strozzare.
Il morso del lupo
Una storia di periferie percorse dalla mola di un arrotino.
Esausto, alla fine, troverà rifugio sul fianco di una montagna di rifiuti urbani. In quell’avanzo di cose sommerse, Margherita, sarà lo scampolo di un miracolo finito negli stracci. A Prato, finire negli stracci e risorgere fu tutto un lavorare.
AL TEMPO DEI TEDESCHI
“…A parte una gondola fatta con le conchiglie di mare, non avevo giocattoli che mi portassero lontano. Il gioco della morte è stato il primo svago della mia vita. Il mio divertimento.
Potevo restare per più di un minuto senza respirare. Non un battito delle ciglia, una mossa. I primi tempi si spaventavano tutti. Fino a quando, ormai ero risuscitato non so più nemmeno io, quante volte. Le mie esecuzioni, per essere credibili, dovevano superarsi. Sempre più vere, al limite. Oltre il limite. Solo quando non sentivo più il cuore e tutti mi imploravano. Solo allora mi riaccendevo.
Volli morire anche il giorno della mia prima comunione. Non avrei dovuto farlo, ma c’era il pubblico delle grandi occasioni, gente nuova.
Svenne anche la bella moglie di un mio vicino di casa. Era venuta a bere un bicchierino.
Mi credé realmente morto, dopo avermi scosso e baciato più volte, inutilmente, per rimettermi al mondo. In quell’odore di lacrime e marsala, sulle mie gote violacee. Cadde come un maggiolino sotto i lampioni e tutti gli videro le gambe fino alle mutande. Bella, bella davvero. Da quel giorno i suoi capelli imbiancarono con la rapidità del baleno. L’ho detto:
Non avrei dovuto farlo.
A lungo, replicai a mio piacere quel numero. La gioia di risuscitare pagava assai più di una morte improvvisa”…